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Theodore Roosevelt: il Cowboy Conservazionista

Aggiornamento: 31 ott 2022


Per chiunque abbia avuto modo di poterlo visitare, pochi paesaggi naturali sono in grado di lasciare l’osservatore senza fiato come lo sterminato Grand Canyon. La sua immensità, i suoi colori semplici eppure vividissimi, la solo apparente calma del fiume Colorado che si snoda serpentino nelle profondità della gola, tutto contribuisce a trasmettere un’assoluta sensazione di magnifica incontaminatezza.

Ed è probabilmente con il desiderio di voler preservare tale sensazione che ormai più di un secolo fa un uomo si allontana pensieroso da quei luoghi in sella al suo cavallo.

Theodore Roosevelt, classe 1858:

Personaggio indubbiamente controverso, è universalmente riconosciuto come uno dei presidenti più amati dagli americani.


Piagato fin dalla giovane età da pesanti problemi di salute che lo accompagneranno per tutta la vita, ha sempre trovato nelle difficoltà, nelle asprezze della vita il motivo di uno stile di vita salutare. Una Rough Life, come a lui piaceva chiamarla. Denti stretti, costante regime di intenso allenamento fisico ed energica tenacia in qualsiasi ambito della sua vita.

Scrittore, boxeur, diplomato di Harvard, brillante politico, esploratore e cacciatore, cowboy, commissario di polizia, eroe dell’esercito, Governatore dello Stato di New York, Vice Presidente degli Stati Uniti per sei mesi e poi, dopo la morte per assassinio del suo predecessore, Presidente per i successivi 8 anni (nonché persona più giovane ad aver ricoperto la carica), primo presidente americano ad aver ricevuto il premio Nobel per la pace.

Indubbiamente già soltanto la vita politica di quest’uomo potrebbe bastare per renderlo un personaggio accattivante e riempire fiumi di pagine.

Ciò che però ai giorni nostri lo rende ancora più affascinante è un suo lato poco noto a noi abitanti del Vecchio Continente: la sua passione per l’ambiente.

Ebbene sì, poiché all’ombra del Teddy uomo politico si è sempre fatto strada fin da piccolo il Theodore amante della natura. Passione questa che lo accompagnerà per tutta la vita e i cui traguardi hanno avuto enormi ricadute ancora attuali.

Comincia tutto una mattina del 1870, quando un giovane Theodore di appena 7 anni rimane imbambolato nel porto di New York davanti al corpo senza vita di una foca. Qualcosa in quell’animale sta attirando la sua innata e dirompente curiosità. Ancora non lo sa ma quell’incontro non è che l’inizio di un percorso che lo porterà a condizionare la natura e i luoghi selvaggi dell’America per sempre. Teddy torna a casa con il teschio della foca per studiarlo, ma nel giro di poco si rende conto di voler sapere di più. Molto di più. Comincia così una ricerca spasmodica di tutti gli animali, principalmente insetti e uccelli che riesce a trovare o a farsi portare dagli altri bambini e fonda il piccolo Roosevelt Museum of Natural History nella sua camera da letto. Quella che sembra una passione dell’infanzia sarà invece un interesse che lo accompagnerà per tutta la sua vita traducendosi in età adulta nel suo amore per il mondo naturale.

Nell’arco di tutta la sua giovinezza non farà altro che accumulare esemplari riempiendone ogni suo spazio privato, raggiungendo un numero di esemplari tali da contribuire, donandone una parte, alla nascita del Museo di Storia Naturale di New York.


A carriera politica avviata, sconvolto appena ventiseienne da alcune gravi tragedie famigliari, trascorse i successivi due anni nel suo ranch nelle Badlands in Dakota dove imparò a padroneggiare il dolore vivendo in sella, cacciando e guidando il bestiame. Ma se il Theodore politico era stato temporaneamente accantonato, quello amante della natura era sempre presente e in Dakota nel 1887 fondò il Boone and Crockett Club, un’organizzazione no profit volta a sostenere e promuovere un ideale di caccia sostenibile, dove la passione venatoria fosse accompagnata dallo studio e dalla conservazione attiva degli animali da caccia e del loro habitat, la prima del suo genere in America.

Quest’esperienza biennale da cowboy, avendogli insegnato a cavalcare e andare di corda, gli cominciò inoltre a mostrare un altro volto della passione per il mondo naturale: l’amore per l’aria aperta.

Amore che, una volta presidente, lo porterà a farsi accompagnare dal celebre naturalista John Muir in una visita ufficiale della vallata dello Yosemite in California, in quello che lui stesso definirà uno degli incontri più significativi della sua vita. Intrigato dal fascino del luogo, ad un certo punto chiese al naturalista di portarlo a vedere il vero Yosemite. Per Muir fu un invito a nozze. I due si misero lo zaino in spalla e partirono da soli avventurandosi nei segreti di quel luogo magico. Passarono gran parte della notte a parlare davanti al fuoco, dormirono all’aria aperta e furono svegliati da una leggera nevicata mattutina. Fu una notte che Roosevelt non avrebbe mai dimenticato. In seguito di quell’esperienza disse: "Sdraiarsi di notte sotto quelle gigantesche sequoie era come giacere in un tempio costruito senza mano dell'uomo, un tempio più grande di quanto qualsiasi architetto umano potesse erigere con qualsiasi possibilità". Muir mise al corrente il presidente dello sfruttamento dilagante della valle e dell’allarmante malagestione statale, e Theodore ci mise poco a comprendere che l’unico modo per poter meglio tutelare quella valle, e probabilmente molti altri luoghi selvaggi come quello, era attraverso il controllo e la gestione di autorità federali.


Bisogna infatti ricordare che già da metà dell’800 le persone più sensibili in materia di ambiente si erano rese conto dell’enorme minaccia che cacciatori, minatori, ferrovie e taglialegna stavano diventando non solo per le singole specie, ma anche per gli interi ecosistemi. E cominciarono a denunciarlo. Roosevelt, prima con il Boone e Crockett Club poi con i suoi poteri presidenziali, divenne il paladino della causa ambientale.

Se da un lato i suoi sforzi per la conservazione erano motivati dal suo occhio per la bellezza e dal suo amore per la natura allo stesso tempo erano mossi da perspicace senso di lungimiranza.

Roosevelt infatti era fermamente convinto che la natura e le sue risorse esistessero unicamente a beneficio dell’umanità, ma soltanto in una natura selvaggia adeguatamente conservata la caccia poteva continuare ad essere praticata, il legname tagliato, i terreni agricoli adeguatamente irrigati e coltivati. "La conservazione delle risorse naturali è il problema fondamentale”, disse una volta Roosevelt. "Se non risolviamo questo problema, ci servirà ben poco risolvere tutti gli altri".

Anno dopo anno, atto dopo atto, dalle riserve delle foreste di Tongass e Chugah in Alaska al Lago Malheur in Oregon, dal Monte Olimpo a Washington all’isola Culebra a Porto Rico, dalle piccole isole trasformate in riserve per gli uccelli nelle Hawaii al salvataggio del parco nazionale di Yellowstone, la passione di Roosevelt creò quello che venne poi definito un “impero naturale”.

Il suo traguardo più grande però forse fu la firma nel 1906 di quello che sarebbe diventato lo strumento fondamentale per la tutela ambientale sotto quasi ogni presidente dopo di lui: l’Antiquites Act. Da quel momento al Presidente degli Stati Uniti venne conferita l’autorità di limitare l’uso di particolari terre pubbliche rendendole patrimonio nazionale protetto. Il principe di queste aree protette fu il Grand Canyon National Monument, fondato nel 1908: Che tu possa non avere mai un edificio di alcuno tipo, non un cottage estivo, un hotel o qualsiasi altra cosa, per non rovinare la meravigliosa grandezza, la sublimità, la grande solitudine e bellezza del canyon”.


Complessivamente Roosevelt supervisionò la creazione di 21 progetti federali di irrigazione, 13 foreste nazionali, 51 rifugi per uccelli e 18 monumenti naturali nazionali. Creò quello che in futuro sarebbe diventato il Servizio Forestale degli Stati Uniti. Nominò una Commissione Nazionale per la Conservazione per preparare il "primo inventario delle risorse naturali" del paese e avviò un programma per la conservazione delle rimanenti mandrie di bufali americani.

Il tutto ovviamente dovendosi costantemente scontrare con le lobby di taglialegna, estrattori minerari, venditori di capi di vestiario di origine animale e chiunque trovasse di suo interesse una più scarsa regolamentazione in materia di tutela ambientale. Una lotta senza quartiere che culminò dopo anni in un disegno di legge del Congresso che pose un limite al potere del presidente di dichiarare aree protette. Nonostante alla fine Roosevelt si vide costretto a firmare tale documento, non avrà potuto che sorridere ripensando al piccolo Theodore che allestiva un museo di storia naturale nella sua cameretta e ai 230 milioni di acri che ora era riuscito a porre sotto protezione federale. Più dell’equivalente di due Californie.


Terminato il suo mandato nel 1909, la sua passione di bambino tornò a farsi sentire e, sotto l’egida dello Smithsonian Institute e del Museo di Storia Naturale di New York, passò gli anni successivi organizzando spedizioni in Africa e in Amazzonia seguendo la sua insaziabile curiosità in territori all’epoca ancora inesplorati. Da entrambe le spedizioni tornò avendo collezionato per entrambi i musei migliaia di esemplari in buona parte tutt’ora esposti al pubblico.

Se all’occhio contemporaneo questo metodo di caccia può sembrare deprecabile, non bisogna dimenticare che Roosevelt nell’arco di tutta la sua vita non fece altro che seguire semplicemente le pratiche che la comunità scientifica dell’epoca riteneva accettabili. L’uccisione di un animale era l’unico modo disponibile per poter fare osservazioni estremamente accurate sulle caratteristiche fisiche di animali sconosciuti, così come l’esposizione degli animali nei musei il modo più efficace per poter mostrare alle persone normali le meraviglie del mondo naturale e sensibilizzarle alla conservazione.


Scriverà di natura nell’arco di tutta la vita, a partire dal saggio che vergò quando aveva appena nove anni intitolato Storia Naturale degli Insetti” fino al resoconto della sua spedizione Amazzonica in Through the Brazilian Wilderness.

Dopo una vita passata a lottare, da giovane con gravi problemi di salute, poi contro la corruzione e la malagestione, poi letteralmente sul campo di battaglia.


Dopo aver cambiato per sempre il volto della sua nazione nonché la percezione che essa stessa avrebbe avuto del proprio patrimonio naturale. Dopo essersi battuto con tutto e con tutti per la realizzazione del suo sogno, Theodore Roosevelt si spense pacificamente nel sonno il 6 Gennaio del 1919 all’età di 60 anni. Un politico del tempo scrisse: "La morte doveva portare Roosevelt a dormire, perché se fosse stato sveglio, ci sarebbe stato un combattimento".


GLAUKO BARBAGALLO


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