Con la sua luce e le sue ombre, con percorsi intricati di rami e arbusti che offrono rifugio a piccoli animali e a temibili fiere, la foresta è da sempre uno dei simboli del mistero della vita che resiste alle avversità, metafora della complessità dell’esistenza e del pensiero umano. Di giorno allieta gli animi con il verde delle erbe, il canto degli uccelli e il mormorio delle acque, di sera diventa buia e spaventosa; in primavere rifiorisce con i suoi profumi, d’inverno si riempie di fango e si spoglia di fronde. È per questo che poeti come Dante, Petrarca e Boccaccio l’hanno utilizzata per raffigurare le paure più nascoste e il viaggio di ciascuno alla ricerca dell’io. Ma questo luogo così magico ha anche un valore più “materiale”, inestimabile per l’umanità, a livello biologico ed economico.
Nel 2012, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha istituito la Giornata Internazionale delle Foreste che si celebra il 21 marzo. Nel 2021, anno che apre il Decennio delle Nazioni Unite per il restauro degli ecosistemi (2021-2030), il tema della Giornata è stato “Restauro forestale: la strada per il recupero e il benessere”, per un mondo più sano per noi e per le generazioni future (ISPRA, Foreste e biodiversità, troppo preziose per perderle, Quaderni Natura e Biodiversità, 13/2020).
TIPOLOGIE di FORESTE
Per definizione, la foresta si presenta come un’area naturale non antropizzata interamente ricoperta da alberi ad alto fusto che crescono autonomamente, differenziandosi sotto tale profilo dal bosco per la sua maggiore estensione, per la spontaneità dell’origine e del tipo di vegetazione.
Da un punto di vista geografico si distinguono vari tipi di foreste e cioè:
la Foresta Equatoriale;
la Foresta Tropicale;
la Foresta Mediterranea;
la Foresta Boreale;
la Foresta Australe.
La Foresta come tesoro
Le foreste contribuiscono alla protezione del suolo, partecipano al ciclo dell'acqua e regolano il clima, in quanto riescono a mitigare gli effetti delle emissioni di gas serra.
Gli alberi, infatti, durante la fotosintesi clorofilliana, assorbono importanti quantità di CO2 che è il principale gas serra responsabile dei cambiamenti climatici. Le foreste mitigano i rischi causati dagli eventi climatici estremi che negli ultimi anni hanno raggiunto numeri preoccupanti.
Inoltre rappresentano l’habitat naturale di numerose specie di animali, fornendo tre degli elementi chiave per la sopravvivenza di una specie così individuati dal WWF:
acqua - sono grandi “bacini collettori” e depositi di acqua,
nutrimento - ospitano la flora di cui si nutre la fauna, a sua volta fonte di nutrimento per altri animali, importantissimi nella catena alimentare
riparo - sotto gli alberi, animali e piante trovano riparo dall’urto degli elementi naturali, dal Sole troppo forte, alle precipitazioni violente, ai venti impetuosi.
La foresta è importante anche da un punto di vista socioeconomico, come diremo più avanti.
La diversità biologica forestale
Le foreste mondiali custodiscono l’80% delle biodiversità esistente: più di 60.000 specie di alberi diversi che forniscono l’habitat per l'80% delle specie di anfibi, il 75% delle specie di uccelli e il 68% delle specie di mammiferi. Con l’espressione “diversità biologica forestale”, si fa riferimento a tutte le forme di vita che si trovano all'interno delle aree boschive e ai ruoli ecologici che svolgono. Comprende non solo gli alberi, ma la moltitudine di piante, animali e microrganismi che abitano le aree forestali e la loro diversità genetica associata. La diversità biologica forestale può essere considerata a diversi livelli, inclusi ecosistema, paesaggio, specie, popolazione e genetica. Interazioni complesse possono verificarsi all'interno e tra questi livelli. Questa complessità consente agli organismi di adattarsi alle condizioni ambientali in continua evoluzione e di mantenere le funzioni dell'ecosistema (FAO, The State of the World’s Forests, 2020).
Tra le principali minacce che attentano alla biodiversità forestale vi sono la deforestazione, la frammentazione, il degrado, la caccia e l'arrivo di specie invasive, che ogni anno portano alla distruzione o degradazione di quasi 12 milioni di ettari di foresta, principalmente nelle aree pluviali tropicali.
Le foreste in Europa e nel mondo
Oltre il 40% del territorio dell'Unione Europea (1,77 milioni di km2) è ricoperto da foreste. Anche se la percentuale aumenta ogni anno dello 0,4%, le foreste europee devono innanzitutto far fronte ai cambiamenti climatici, richiedendo pertanto un’attenta gestione. A livello mondiale, le foreste si estendono su una superficie di quasi 4 miliardi di ettari, oltre il 31% delle terre emerse, distribuite in modo disomogeneo. Più della metà si trovano, infatti, in soli 5 Paesi: Federazione Russa, Brasile, Canada, USA e Cina.
La deforestazione
La foresta, bene così prezioso, è stata da sempre utilizzata dall’uomo fino a raggiungere percentuali di sfruttamento elevatissime nel nostro secolo, che in molti casi ne hanno spezzato il precario equilibrio di utilizzo sostenibile. La deforestazione è uno dei principali problemi ambientali del mondo contemporaneo. Secondo la FAO, negli ultimi 25 anni, mediamente, è stata registrata una perdita netta pari a 5,2 milioni di ettari l’anno, calcolando la differenza tra la distruzione delle foreste esistenti (12 milioni di ettari, comprendenti la gran parte delle foreste primarie) e la creazione di nuove foreste.
Le foreste vengono utilizzate e spesso distrutte dall’uomo:
per la produzione del legno, usato principalmente come combustibile;
per ricavare terreni coltivabili, soprattutto nelle aree in via di sviluppo (spesso tali terreni vengono poi acquistati da speculatori per fini edilizi o minerari);
per la necessità di avere sempre più spazi per gli allevamenti intensivi.
A livello mondiale, secondo quanto riporta l’ISPRA, le cause sono diverse da regione a regione: ad esempio, in America Latina e nel Sud-est asiatico la maggior parte della deforestazione è oggi il risultato di attività agro-industriali (in particolare, l'allevamento di bestiame in Amazzonia e l'agricoltura su larga scala e il disboscamento intensivo nel Sud-Est asiatico), mentre in Africa, la “colpa” è più spesso da addebitare all’agricoltura di sussistenza, che utilizza il metodo “taglia e brucia” (slash and burn). Proprio l’incendio doloso, che è già causa della perdita dell’area forestale in sé, ha ulteriori conseguenze negative, in primo luogo l’accumulo del carbonio prodotto nell’atmosfera come anidride carbonica.
Abbiamo detto del dissesto idrogeologico e della perdita della biodiversità. Dobbiamo aggiungere che negli ultimi anni è aumentata la domanda di prodotti da parte di colossi industriali nel campo della cosmetica, della produzione di olio di palma, interessate alla materia prima che si ricava dall’abbattimento degli alberi. Purtroppo, l’Ue, dopo la Cina, è la seconda importatrice di prodotti forestali, contribuendo “inconsapevolmente” alla deforestazione mondiale. Come denunciato dal WWF nel 2017, l’UE è stata responsabile del 16% della deforestazione legata al commercio internazionale, per un totale di 203 mila ettari e 116 milioni di tonnellate di Co2, superata solo dalla Cina che ha raggiunto il 24%. Più nello specifico, confrontando i numeri delle singole nazioni, l’Italia (con 35.800 ettari all’anno) è il secondo degli otto Paesi europei responsabili dell’80% della deforestazione per prodotti importati dai paesi tropicali.
I maggiori prodotti responsabili sono:
la soia (31%),
l’olio di palma (24%),
la carne bovina (10%),
i prodotti legnosi (8%),
il cacao (6%)il caffè (5%)
Un caso emblematico di deforestazione è rappresentato dalla foresta Amazzonica , la foresta pluviale tropicale più grande al mondo, che copre un'area di circa sei milioni di km quadrati divisa tra 9 nazioni, tra cui il Brasile che ne occupa circa il 60%. Si tratta di una eccezionale riserva biologica, che ospita milioni di specie di insetti, uccelli, piante e altre forme di vita. Questo “polmone verde” del mondo è malato da tempo e negli ultimi anni la discutibile politica anti -ambientalista del presidente Bolsonaro ha aggravato il problema. Dal 2010 al 2020, l'intera regione ha emesso 16,6 miliardi di tonnellate di Co2, mentre ne ha assorbiti solo 13,9 miliardi. Ciò corrisponde a un rilascio nell'atmosfera di quasi il 20% di anidride carbonica in più di quanto ne abbia assorbita.
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