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Intervista Direttore Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali UNIMI


Siamo oggi in compagnia del professor Alessandro Banterle, professore ordinario presso l’Università degli Studi di Milano (UNIMI) e Direttore di quello che attualmente è un unicum del panorama universitario italiano: il Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali – ESP.

Presso il Dipartimento è attivo l’omonimo corso di laurea SePA, un corso innovativo, focalizzato su temi di grande attualità e determinato a formare i futuri Manager Ambientali, che siamo riusciti farci illustrare direttamente da uno dei fondatori.


Ci racconti come e perché è nato questo Dipartimento.

Siamo nati nell’Aprile 2017 e siamo il 33° Dipartimento di UNIMI, l’ultimo ad essere stato fondato. L’idea che ci ha mossi è stata un’idea innovativa che fa riferimento ad alcune esperienze promosse all’estero, in particolare negli Stati Uniti e nel Regno Unito, ed è quella di creare dei Dipartimenti Tematici. La maggioranza dei dipartimenti infatti sono dipartimenti Disciplinari, ovvero che si occupano di una particolare disciplina, come può essere ad esempio il dip. di Matematica.

Noi abbiamo invece voluto creare un dipartimento che fosse focalizzato sul macro-tema dell’Ambiente. Quando si fonda un dipartimento così, essendo l’Ambiente e le Problematiche Ambientali affrontabili da tanti punti di vista, come quello scientifico, tecnologico, normativo o economico, un approccio monodisciplinare risulta riduttivo. L’Ambiente necessita di un’indagine a 360° per poter essere veramente compreso, ed è qui che entra in gioco il secondo aspetto cruciale di questo dipartimento: la multidisciplinarietà.

All’interno del nostro Ateneo c’erano tantissimi studiosi che si occupavano di ambiente, ma tutti sparsi in dipartimenti differenti. C’era chi lo indagava da un punto di vista Chimico, chi Ecologico, e così via, ma ognuno per sé. Non ci conoscevamo neanche. L’idea forte è stata quella di creare un contenitore comune dove poter riunire tutti questi studiosi per favorire l’integrazione delle rispettive competenze.

La grande sfida è stata quella di mettere assieme le cosiddette Scienze Dure (Matematica, Fisica, Chimica, Geologia) con le Scienze della Vita (Ecologia, Zoologia, ecc) e con le Scienze Economiche-Sociali (Economia e Diritto). Il risultato? Un dipartimento con tre anime. In questo modo riusciamo ad avere uno spettro di azione e una capacità di indagine, interazione e di influenza molto ampia. Molto più che in un dipartimento Disciplinare.

In Italia non ci sono esempi come il nostro Dipartimento.



Ci spieghi il significato del nome. Si chiama “Scienze e Politiche Ambientali” proprio perché da un lato vuole dare un contributo alla Scienza, focalizzato sulle tematiche ambientali e sulla ricerca di soluzioni innovative. Dall’altro, il nostro contributo ambisce ad essere determinante nella definizione delle modalità di intervento, di “Cosa si può fare per sulle varie tematiche ambientali.



Quindi quella “e” è molto importante. (sorride) Assolutamente. Molti dicono Scienze Politiche Ambientali, ma Scienze E Politiche Ambientali è qualcosa di completamente diverso. Noi siamo affascinati da questo approccio perché lo scopo di questa testata è quello di far sì che l’Ecosostenibilità non venga più percepito come qualcosa di legato solo all’ambito tecnico-scientifico, ma come qualcosa che possa essere approcciato da tutti i punti di vista, diventando così parte della cultura quotidiana. Il vostro progetto è ottimo, soprattutto nell’idea alla base. Le faccio un esempio: una delle ultime iniziative che abbiamo messo in cantiere è stata quella di un master in inglese sui Cambiamenti Climatici, tematica importante che riguarda la sostenibilità e l’ambiente, sottolineata anche dagli SDGs (Sustainable Development Goals) delle Nazioni Unite. Uno pensa ai cambiamenti climatici e pensa ai governi, agli accordi internazionali, la riduzione di emissioni, a qualcosa che riguarda la politica. La realtà è che il comportamento individuale è risultato essere altrettanto se non più importante. Intendo per comportamento individuale sia quello delle imprese sia quello dei consumatori. Il coinvolgimento dei consumatori quali protagonisti attivi per far fronte alle emergenze climatiche è fondamentale.


Qual è il profilo del corpo docente di questo dipartimento e come è articolato? Parto dalle Scienze Dure e citerò anche qualche numero: abbiamo 5 Matematici (siamo il dipartimento dopo quello di Matematica con più matematici. Abbiamo bisogno di diverse persone che studino i modelli necessari ad analizzare l’ambiente e i cambiamenti climatici). Abbiamo un gruppetto di Fisici-Climatologi e un gruppetto di Glaciologi (che studiano le problematiche degli scioglimenti dei ghiacciai, campo nel quale siamo a dei livelli molto alti).


Poi vi sono i Chimici, che studiano tutte le problematiche della Chimica Verde, dei Materiali e molto altro. Abbiamo gli Ecologi, che si occupano dell’interazione degli animali e dei vegetali con l’Ambiente inteso come l’insieme di eventi e componenti abiotiche e biotiche. Sono specializzati soprattutto in Ornitologia.

Si aggiungono gli Zoologi, tra cui un gruppo molto valido che hanno vinto un grant dell’UE molto importante, il ERC (European Research Council). Ci sono poi Agronomi, Tecnologi Alimentari, Veterinari, e alcuni Tossicologi. Abbiamo anche un Ingegnere Idraulico e un Architetto, che forniscono una componente più pratica. Infine abbiamo la parte di Social Science: gli Economisti, molto numerosi, io sono uno di quelli, che si occupano sia di Economia Ambientale che Agroalimentare, nonché Aziendale, e un validissimo gruppo di Giuristi Amministrativisti.

È una compagine molto varia e articolata.

Ci tengo a precisare che il nostro approccio anche nella didattica è esattamente l’opposto del “fai un po’ di tutto ma alla fine rimani generalista”.

Perché l’approccio all’Ambiente è talmente complesso che non può che essere multifattoriale.


Entrando nel discorso della formazione, voi avete fondato più di un corso di laurea nuovo.

Esatto. Il primo è “Scienze e Politiche Ambientali”. Un corso di laurea triennale il cui obbiettivo è quello di creare la figura del Manager Ambientale. Si tratta di una persona che, partendo da una solida laurea in materie scientifiche sia ampiamente in grado di destreggiarsi con i fondamenti dell’economia, del diritto e del management. Non si può parlare di Ambiente e non sapere nulla della regolamentazione che esiste nel campo. Il rischio è ridursi a fare discorsi solo teorici o molto compartimentalizzati.

Il passo successivo sono le conoscenze economiche, perché se si vuole intervenire nella società devo avere delle conoscenze economiche sia di carattere generale che aziendale che permettano di fare ragionamenti precisi su costi e ricavi, piuttosto che conoscenze di politiche ambientali ecc.

Anche la laurea magistrale è anch’essa nuova ed è attiva dall’anno scorso. Abbiamo pensato di farla in inglese per due motivi. Primo perché le organizzazioni professionali come AssoLombarda o Confindustria sostengono che è esigenza delle imprese avere laureati che si muovano bene con l’inglese. Così che possano andare a lavorare all’estero così come in un’azienda italiana che ha molti rapporti con l’estero senza problemi, neanche sulla terminologia tecnica. Il secondo motivo è l’internazionalizzazione, ovvero coinvolgere anche studenti stranieri in questo corso di laurea. Si chiama “Environmental Change and Global Sustainability” e riguarda le problematiche ambientali e la sostenibilità, così come lo Sviluppo Sostenibile e l’Economia Circolare.

Accanto a questi abbiamo anche altri percorsi, come una laurea di Economia, che si chiama “Environmental and Food Economics”, sempre in inglese. Una laurea più economica ma sempre applicata ad Ambiente, Agroalimentare ed Energia.


Viste le politiche europee e internazionali dei prossimi decenni, come il Green Deal, è difficile pensare a corsi di laurea più adatti al momento storico. Anche perché sappiamo che il Cambiamento Climatico ha una progressione esponenziale accelerando di anno in anno. Il peso di persone che escono da corsi di laurea come questo sarà indubbiamente sempre più vitale.

Assolutamente. I corsi di laurea che abbiamo creato dovranno soddisfare la crescente richiesta di nuove figure professionali sul tema. Quando apriamo nuovi corsi di laurea facciamo sempre degli incontri con le parti sociali, che vogliono dire imprese, mondo delle professioni piuttosto che mondo del pubblico, per capire se andiamo nella direzione giusta e abbiamo avuto riscontri molto positivi.

Citando un esempio, in un incontro recente con ITALFERR ci hanno raccontato del loro ufficio di sostenibilità e di quanto figure come quella che stiamo formando saranno da loro ricercate nel futuro prossimo. Tutte le imprese, grandi, medie e piccole stanno ponendosi il problema. Il tutto rimanendo con i piedi per terra, perché spesso quando si parla di ambiente poi c’è molto fumo, molto di quello che si chiama “green washing”.

Con i Goals delle Nazioni Unite, con il Green Deal dell’Unione Europea, la Sostenibilità sarà il grande tema degli anni a venire. Il Green Deal lo dice molto chiaramente: vogliamo decarbonizzare la società. Conseguentemente ci sarà sempre più bisogno di professionisti che sappiano affrontare la sfida, nel privato e nel pubblico.


Ultima domanda da avvocato del diavolo. Al di là di quelle che sono le dinamiche del mondo produttivo e del mondo economico, esistono delle dinamiche che hanno alla base un’ideologia ecologista. Qual è l’atteggiamento che deve avere un’università rispetto ad un approccio ideologico?

L’atteggiamento dell’Università è quello dato dalle Scienze. Noi ci basiamo su questo. C’è chi tra noi viene dal mondo più scientifico, chi da quello più economico o del diritto, siamo docenti universitari e ci basiamo quindi sugli studi, sulla conoscenza e sulla scienza. Non certamente sull’Ideologia.

Crediamo in questo. Le ideologie non aiutano. Una visione eccessivamente ideologica è una visione di chiusura, invece una visione basata sulle conoscenze, sui dati, sull’apprendimento è una visione aperta. Lo scopo è cercare di comprendere la realtà per com’è fatta senza preconcetti. È fondamentale: prima di dire una cosa verificarla.

L’approccio ideologico che lei mi cita rischia di portare a leggere la realtà non con gli occhi delle conoscenze che abbiamo, ma con gli occhi di chi partendo da dei preconcetti vuole arrivare a dei risultati già preconfezionati.


Il nostro obiettivo è fare scienza per poter poi andare a incidere nella Società e nelle scelte delle aziende e delle autorità.


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