Che sensazioni hai provato nel rappresentare l’Italia durante l’evento Youth4climate?
Ho provato un mix di sensazioni tutte incredibili, perché sono stato felice di conoscere quasi 400 persone che provengono da tutto il mondo, da Stati che hanno background, storie, culture completamente diversi da quella che può essere la mia, che vengo dall'Italia. Ho conosciuto persone che vengono dall’Iraq, dall'india, dalla Colombia, dall’Islanda, dal Kenya e dall’Uganda: tutte persone che sono arrivate seguendo un percorso che è stato completamente diverso da quello che ho fatto io, così come tutti gli altri delegati perché abbiamo tutti delle storie diverse, però alla fine eravamo lì perché avevamo una volontà comune, e cioè quella di cercare di trovare una soluzione al cambiamento climatico, al surriscaldamento globale e far sì che il mondo sia un posto un pochino più sostenibile. Nonostante fossimo diversissimi per lingua, cultura, studi ed esperienze ci siamo trovati lì e abbiamo scritto un documento, che secondo me è molto valido. La versione finale sarà resa disponibile al pubblico entro fine mese [NdR: fine ottobre 2021], perché comunque stiamo facendo ancora qualche ritocchino, però sì alla fine io sono rimasto veramente estasiato. L’evento è stato una sorta di nuova ninfa vitale, una nuova energia per portare avanti questo tipo di ideali e di battaglie. Avere la conferma che posso non solo seguire queste tematiche con il mio network qua in Italia, in una battaglia in cui sono abbastanza solo, ma che questi sono ideali che sono condivisi a livello globale: non si parla solamente, di Italia, di Europa, ma parliamo di America latina, di Asia, di tutto il mondo.
Come si sono svolti i lavori durante lo Youth4Climate? Quale apporto credi essere riuscito a fornire? Tutti noi siamo stati divisi in quattro macro gruppi [NdR: questi erano i quattro Working group: 1) Youth Driving Ambition; 2) Sustainable Recovery; 3) Non-State Actors’ Engagement; 4) Climate-Conscious Society] e ogni macro gruppo aveva un obiettivo di riferimento: per esempio il gruppo in cui sono stato messo io, il numero 3, era intitolato “Non-State Actors’ Engagement”, e verteva su quale sia il ruolo delle persone singole, sia nell’ambito delle aziende sia all’interno della società nei confronti del cambiamento climatico: l’intento è quello di capire come cercare di coinvolgere tutte queste personalità, al fine di avere sia dei business più sostenibili, sia delle azioni individuali un pochino più sostenibili. Ciascuno di questi quattro macro-gruppi aveva dei sottogruppi e, per esempio, il mio sottogruppo si occupava del tema che si chiama “entrepreneurship”, vale a dire imprenditorialità. Io sono stato addirittura nominato come Co-Facilitator, quindi non solo dovevo scrivere parte del documento e prendere anche appunti, ma anche raccogliere tutte le idee e le iniziative: non sono solo stato in grado di scrivere documento, ma anche di prendere tutte le idee, iniziative che avevano, anche quelle dei miei colleghi del sottogruppo per arrivare così ad un documento finale, in modo tale che questo potesse essere una sorta di linee guida che, speriamo, possano essere messe in pratica da ogni Stato del mondo, compatibilmente con le priorità e le idee dei singoli Stati, ai quali spetta prenderle in considerazioni e adattarle in base alle loro esigenze e priorità - per esempio, le priorità che può avere l’Italia sono ben diverse quelle che può avere uno stato come il Kenya o l’Uganda - così da seguire la rotta che noi abbiamo tracciato. Io spero di aver dato il mio contributo nell’ambito che riguarda la parte economico-tecnica ma anche in quello del linguaggio, perché il documento doveva essere scritto in modo consono ai canoni delle Nazioni Unite e doveva anche essere preso in considerazione nel settore ministeriale, e in questo io ho un po’ di esperienza, avendo partecipato all’evento UNCTAD Youth Forum a Ginevra, di cui ti ho parlato: ho un background di tipo economico, mi sono laureato in economia fecendo poi la tesi sul Green marketing, ho cofondato una NGO, e così ho cercato di portare un po’ di queste mie competenze. Una competenza diplomatica, economica ma anche un po' di mentalità. A ciò, ho aggiunto la mia empatia, un ascolto attivo e soprattutto l’impegno a cercare una soluzione comune.
Come ti sei trovato a lavorare insieme a Federica Gasbarro e come vi siete relazionati con Greta Thunberg e il resto dell’organizzazione? Federica Gasbarro non la conoscevo prima di questo evento. Avevo già sentito parlare di lei, di cosa si occupava e del suo passato. Ho avuto modo di conoscerla solamente qualche mese prima che l’evento iniziasse e mi sono trovato subito molto bene, soprattutto perché ci completiamo bene per le competenze: lei ha un background più di tipo scientifico, si sta per laureare in biologia, invece, io ho un background di tipo economico-diplomatico come ho detto. Diciamo quindi che a livello di competenze ci hanno scelto bene, perché ci siamo completati alla grande. Mi sono trovato molto bene con lei durante tutto il corso degli eventi, ci stiamo sentendo anche adesso, e penso appunto che possiamo definirci amici al di fuori del campo lavorativo. Per quanto riguarda Greta, purtroppo, durante l'evento lei era sempre presa da mille speech, interviste, cose da fare, quindi non ho avuto modo di parlare a fondo. Ho parlato con lei il primo giorno dell’evento, se non ricordo male, quando ci siamo trovati nell'atrio. L’impegno che mette nella sua attività è molto lodevole, ben vengano che ci siano dei movimenti capaci di far leva su questi ideali e sulla coscienza comune. Purtroppo, non ho lavorato direttamente con Greta, ma magari in futuro capiterà che faremo un evento insieme, non vedo l’ora.
In che modo, secondo te, noi giovani possiamo contribuire alla lotta contro il cambiamento climatico nel nostro quotidiano? È molto importante dare il proprio contributo: dipende da quanto tempo libero, quanta energia o spirito hanno le persone giovani, anche perché mi rendo conto che è difficile magari per una persona fare tutte le cose che facciamo Federica Gasbarro o io o tanti altri attivisti. Queste sono attività che portano via parecchio tempo e per le quali bisogna fare anche parecchi sacrifici, quindi mi rendo conto che non tutti hanno voglia, perché magari hanno altre priorità. Si possono fare cose anche minime come, ad esempio, una condivisione di una storia o di un post su un social (Instagram, Facebook e così via) che racconta un’azione virtuosa, un'abitudine buona da seguire, una dieta, un modo di fare la raccolta differenziata o comunque in ogni caso un esempio virtuoso da seguire. Anche condividere sui social un’informazione - si impiegano veramente due secondi - può avere un'influenza positiva sulle persone che, in primis rientrano nella tua cerchia di amici/contatti ma anche sugli altri che vedono il contenuto, poiché questi magari a loro volta ricondividono il contenuto con un impatto che si amplia sempre di più. Dunque, secondo me è fondamentale iniziare a condividere informazioni, che però che siano corrette e veritiere - e che non siano delle fake news - come informazioni basate su comportamenti virtuosi o dati scientifici che stanno avendo successo. Poi ci sono le altre cose semplici da fare come la raccolta differenziata, ma anche qui ancora più importante sarebbe capire perché si fa e come farla. E ancora, essere sostenibili nella vita di tutti i giorni, usando il meno possibile i mezzi di trasporto inquinanti e cercando di usare dei mezzi di trasporto un pochino più sostenibili come le biciclette, il trasporto pubblico, i treni e così via. Cercare di stare attenti anche a cosa e quanto si acquista: ad esempio, comprare vestiti di seconda mano è un'ottima mossa non solo in ottica di economia circolare ma anche cercare di dare nuova vita a indumenti. Impegnarsi in iniziative che aiutino gli altri, trovare quella più vicina ai propri interessi che abbia un risvolto positivo per il mondo, mettersi in connessione con gli altri. Fare attività di volontariato e comprendere che quello che accade lontano da noi, come un evento climatico che colpisca le Barbados ci riguarda: molte persone hanno cominciato a capirlo dopo che certe cose hanno cominciato ad accadere in Europa o in Italia, come per esempio un incendio in Sardegna. Mobilitarsi, fare azioni concrete, far sentire la propria voce in modo che la politica si dia da fare. E poi formare persone, anche sul piano scientifico. Il prossimo obiettivo da raggiungere è quello di rendere l’Europa il primo continente carbon neutral entro il 2050.
Secondo te riusciremo a vincere questa importante sfida? Io dico di sì, mi rendo conto che sono abbastanza ottimista quando dico di sì però molte persone si stanno impegnando, nelle aziende, a scuola, a vari livelli si sta cercando di invertire la rotta, le persone stanno comprendendo la complessità e la gravità del problema. È necessario cambiare non solo i sistemi economici ma anche tutta la parte politica e la diplomazia. Magari ci riusciremo entro il 2050, però più tempo passa più i danni saranno gravi, in termini di impatti sull’ambiente e sulla salute. C’è bisogno di molto impegno e competenze, non sarà facile ma sono convinto che ce la possiamo fare.
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